La rivalutazione automatica delle pensioni per il biennio 2012-2013 (art. 18, comma 3, della legge 15 luglio 2011, n. 111).
L’adeguamento al costo della vita delle pensioni attraverso la perequazione automatica é stata oggetto di un intervento del legislatore fortemente riduttivo e quindi, a decorrere dal prossimo gennaio e per gli anni 2012 e 2013 – di fatto, fino al 31 dicembre 2014 – sarà operativa la normativa che viene di seguito riassunta:
– rivalutazione al 100 % dei soli trattamenti complessivi d’importo mensile lordo di € 1.428 pari a tre volte il trattamento minimo dell’AGO;
– riduzione della rivalutazione dal 90 % al 70 % per la fascia di pensione tra tale importo e quello pari a cinque volte il trattamento minimo AGO, ammontante ad € 2.380;
– per i trattamenti che superano tale ultimo importo la rivalutazione si applica al 70 % limitatamente alla sola fascia pari a tre volte il trattamento minimo AGO di € 1.428, mentre nessun aumento viene concesso per la parte di pensione eccedente.
In sostanza, la copertura integrale del potere d’acquisto dei trattamenti previdenziali contro l’aumento del costo della vita viene garantita – in base alla variazione percentuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati – solo per le pensioni d’importo lordo inferiore a 1400 Euro che, al netto della ritenuta fiscale alla fonte superano di poco i mille Euro!
Nessun diritto al recupero é previsto dal 2014 e dunque la nuova erosione del potere d’acquisto reale, già taglieggiato dalle precedenti ripetute manomissioni del valore originario dei trattamenti, avvicina sempre di più le pensioni contributive, costituite con il salario differito dei lavoratori dipendenti, agli assegni assistenziali.
A quale altra categoria di cittadini é stato e viene imposto dallo Stato un sacrificio tanto pesante da costringerla progressivamente, dopo una vita di lavoro dipendente gravato dalla ritenuta fiscale e previdenziale alla fonte, nelle condizioni economiche della semplice sussistenza?
Il nostro Sindacato pensionati, dopo aver esaurito invano ogni iter giudiziario nazionale, é in attesa della sentenza della Corte Europea, alla quale si é rivolta per la condanna del comportamento dell’Italia, lesivo del diritto fondamentale al mantenimento nel tempo del valore originario delle pensioni contributive.
Esse sono un “bene” del lavoratore dipendente, formato dall’accumulo – anche di consistenza tale da finanziare una pensione ben più alta di quella percepita – dei contributi previdenziali in anni ed anni di versamenti obbligatori, detratti dalla busta paga.
Esse non sono un “sussidio” elargito dallo Stato agli indigenti, se vi sono le risorse finanziarie per provvedervi, risorse che non devono essere sottratte al sostegno della previdenza ma reperite con le entrate dell’imposizione fiscale, purtroppo drenate dall’evasione, che l’Italia non riesce a debellare.
Con buona pace delle sconsiderate dichiarazioni della nostra Corte Costituzionale sulla legittimità della perequazione automatica decrescente, che sta portando coattivamente da quindici anni intere schiere di pensionati verso l’indigenza.
E purtroppo, concorrendo a trascinare verso la rovina il nostro Paese.
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